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Sicilia, in crisi le aziende che realizzano protesi

Rimborsi della regione fermi al 1999, controlli sulla qualità e sulla sicurezza dei dispositivi insufficienti e le aziende e per i non vedenti la spesa del pc è quasi tutta a carico. La denuncia delle aziende costrette a licenziare

PALERMO – Il settore dell’assistenza protesica in Sicilia è in piena crisi. I rimborsi dalla regione avvengono ancora con le tariffe in lire, i controlli sulla qualità e sulla sicurezza dei dispositivi sono insufficienti e le aziende, quasi tutte al collasso, sono costrette a licenziare i propri dipendenti. A farne le spese sono naturalmente i disabili che necessitano di protesi come ortesi, busti, tutori, calzature speciali e carrozzine. A lanciare l’allarme è Vincenzo Varrica, responsabile di Assortopedia e titolare della Coam (azienda officina ortopedica). “Chiediamo il massimo rispetto delle norme vigenti per l’accreditamento dei soggetti fornitori. Da oltre dieci anni la regione è assente ed ogni Asl quotidianamente implementa modalità di erogazione senza neanche interpellarci. Il nomenclatore tariffario delle protesi è stato deliberato nel 1999, quando c’era ancora la lira. Mentre le altre regioni hanno recepito quanto stabilito nel giugno 2004, provvedendo all’aumento del 9%, i prezzi per i nostri rimborsi sono fermi a nove anni fa”.

“Siamo fuori mercato – continua Varrica – tanto per fare un esempio, un corsetto per scoliosi in Francia lo rimborsano per 2000 euro e in Sicilia per 600”. Nel mese di settembre la Coam è stata costretta a licenziare cinque dipendenti ed altri quattro passeranno presto da tempo pieno a part-time. La regione ha fatto sapere che “in Sicilia non è stato possibile dare corso all’aumento previsto in finanziaria in quanto sarebbe andato in direzione contraria a quanto stabilito dal piano di rientro firmato nel luglio 2007”. “Nel piano di rientro . si spiega – è previsto l’obiettivo che ha reso necessaria la revoca dell’aumento del 5% sulle tariffe, applicato con decreto assessoriale del 12 maggio 2006. Va ricordato che un decreto del 2006 stabiliva che l’eventuale aumento delle tariffe, rispetto alle tabelle del 1999 sarebbe stato a carico dei bilanci regionali. Pertanto sia per l’effetto del piano di rientro, sia in conseguenza di questo decreto, l’assessorato regionale alla sanità ha deciso la revoca del precedente aumento”.

I disservizi continuano se ci si sposta, invece, dalla parte dei non vedenti per i quali la spesa di un pc è ormai quasi tutta a carico. Il tariffario, anche in questo caso, non viene aggiornato dal 1992 e l’Asl eroga alle persone non vedenti cifre ormai irrisorie per l’acquisto delle tecnologie di supporto di cui hanno bisogno. La denuncia, in questo caso, è stata fatta dal padre di un giovane sordo cieco di 43 anni ai microfoni di una radio locale. Il padre ha raccontato la storia del figlio costretto da più di un mese a non usare il pc con una barra in braille a causa del guasto della scheda. Il problema dipende dalla scarsità dei fondi erogati dalle Asl e dal ministero della salute per l’acquisto di apparecchiature più moderne e funzionali. Le apparecchiature usate dal ragazzo sono superate e questi dovrebbe richiedere una nuova tecnologia all’Asl. L’Asl non fornisce tutto questo perché il nomenclatore non prevede prezzi per le nuove tecnologie e c’è la paura che vengano richiesti dallo Stato i soldi delle spese affrontate per i disabili.

La realtà è stata pure confermata da Salvatore Scaduto del dipartimento riabilitazione Asl 6. “Il nomenclatore è datato 1999 e sono uscite nuove tecnologie, che consentirebbero una completa autonomia nell’uso del pc per persone non vedenti. La normativa prevede che possiamo concedere solo quello che è nel nomenclatore. La proposta di aggiornamento è bloccata da diversi anni. In alcune regioni hanno deciso di fornire autonomamente queste tecnologie. Le differenze di prezzo rispetto alla somma prevista dal nomenclatore sono a carico dei pazienti”. (set)

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