Indagine sulla realtà italiana, promossa dal governo con le associazioni: famiglia indispensabile per sostegno economico e relazioni sociali. Solo il 23,7% degli intervistati è in contatto con associazioni di disabili
ROMA – Un libro bianco per raccontare l’invalidità civile in Italia e per raccogliere le storie degli invalidi, quelli veri, troppo spesso dimenticati a causa dei falsi invalidi che affollano le cronache dei giornali. La ricerca – realizzata nelle regioni del Nord e del Centro Italia dalla Fondazione Irccs Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, insieme ai rappresentanti di 62 associazioni appartenenti alla Fish (Federazione italiana superamento dell’handicap) e alla Fian (Federazione italiana associazioni neurologiche) – è stata presentata questa mattina a Roma presso la sede dell’Eur del ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali che ha, peraltro, promosso e finanziato lo studio. “Si tratta di una ricerca porta a porta, siamo andati a casa delle persone certificate come invalide per raccogliere le loro storie individuali e per capire come vivono – ha spiegato Matilde Leonardi, coordinatrice del progetto “Volontariato e disabilità” per conto dell’Istituto Besta e curatrice del volume che riporta i risultati della ricerca. – Siamo riusciti a intervistare 742 persone su un campione di 2.208 soggetti selezionati. E da queste interviste, raccolte e analizzate alla luce della classificazione del funzionamento, della salute e della disabilità messa a punto dall’Organizzazione mondiale della sanità nel 2001 siamo riusciti a fotografare che cos’è l’invalidità civile oggi in Italia”. Nel nostro Paese – spiega il Libro bianco – i beneficiari di pensioni e/o indennità di accompagnamento a invalidi civili, a non udenti e a non vedenti si attestano, nel 2005, a 2,2 milioni di persone. Ma di loro si sa ben poco. Per questo, l’obiettivo principale del Libro bianco sull’invalidità civile in Italia è appunto quello di fare chiarezza sulla situazione delle persone con invalidità certificate come invalide.
Delle 742 persone intervistate 377 sono femmine e 365 maschi. Di queste 636 sono adulte e le restanti 106 minori di 18 anni. L’età media degli adulti risulta pari a 47,6 anni, mentre il 33,7% dell’intero campione ha un’età compresa tra i 55 e i 64 anni. Tra gli intervistati i minorenni hanno frequentato mediamente quattro anni di scuola, mentre la scolarità media per gli adulti è di 10,4 anni. Solo il 13,2% degli invalidi intervistati dichiara di aver frequentato l’università o di essere in possesso del diploma di laurea. Nei minori le patologie prevalenti sono i disturbi psichici incluso il ritardo mentale (25,5%) e le malformazioni congenite (20,8%). Negli adulti, invece, risultano più frequenti le malattie del sistema nervoso e degli organi dei sensi (31,3%), i tumori (19,8%) e i disturbi psichici incluso il ritardo mentale (11,5%).
Quanto al tipo di vita condotto, la ricerca mette in luce che solo un ristretto numero di soggetti lavora: infatti, ad avere un lavoro, dipendente o autonomo, è poco più del 27% degli intervistati. Di conseguenza per l’11,6% del campione la fonte principale di reddito è costituita dal partner, per l’16,5% dalla famiglia di origine, per il 6,6% dai sussidi e per il 53,6% dalla pensione. L’importanza della famiglia è messa in evidenza anche da un altro dato: il 78% delle persone intervistate ha indicato la famiglia ristretta come “facilitatore sostanziale” rispetto alle relazioni e al sostegno sociale. In altre parole, sono ancora le famiglie, a giocare il ruolo fondamentale di aiuto e supporto rispetto alle persone con invalidità. Infine, a proposito della vita sociale, la ricerca evidenzia come solo il 23,7% dei soggetti invalidi è in contatto con un’associazioni di persone con disabilità. (ap)