Ricerca di Etnobarometro in sette paesi europei. Allievi, curatore del volume sull’Italia: ”Hanno il timore che i figli diventino come i nostri bambini, che, ai loro occhi, mancano di rispetto ai genitori e dicono parolacce”
MILANO – Le paure degli “autoctoni” sono facilmente intuibili: il timore per il diverso, la criminalità, la delinquenza. Più difficile immaginarsi le paure dei musulmani che vivono in Italia. “Uno dei timori più diffusi è quello di perdere la propria identità -spiega Stefano Allievi, docente di sociologia all’università di Padova e curatore del volume “I musulmani e la società italiana”-. Hanno il timore che i figli diventino come i nostri bambini: che, ai loro occhi, mancano di rispetto ai genitori e dicono parolacce”.
È uno dei temi emersi da una ricerca, promossa e coordinata da Etnobarometro, condotta in sette paesi Europei (Gran Bretagna, Francia, Germania, Belgio, Olanda e Italia) finalizzata a comprendere il rapporto tra la società e i cittadini musulmani, ragionando sulle trasformazioni che la presenza islamica produce sui cambiamenti culturali e sociali, sulle relazioni che si instaurano. “Ne è emerso un tipo di percezione non positiva, già presente prima dell’11 settembre 2001, ma che è stato fortemente potenziato”, spiega Stefano Allievi.
La ricerca, che ha carattere qualitativo, è stata condotta con una metodologia innovativa basta su “gruppi a conflittualità guidata”: “Abbiamo messo attorno a un tavolo persone che, normalmente non si incontrerebbero, come l’imam radicale e il vicesindaco leghista -spiega Stefano Allievi-. L’obiettivo era farli discutere su temi diversi: la percezione reciproca, le paure, i conflitti legati all’incontro con altre culture e il modo in cui si trasforma l’identità”.
Spesso si partiva da posizioni molto distanti, ma questo non ha mai rappresentato un ostacolo alla conduzione del gruppo. “Il conflitto è funzionale dell’evoluzione di una società, non è una patologia -sintetizza Stefano Allievi-. Le persone che hanno partecipato ai gruppi, pur partendo da una posizione molto conflittuale, hanno avuto profondi cambiamenti. Perché avevano inglobato parte del punto di vista dell’altro”. Sino ad arrivare a scambiarsi il numero di cellulare alla fine della sessione.
Dal piccolo osservatorio dei gruppi, creati ad hoc per riprodurre le conflittualità presenti nella società, è stato possibile rilevare che le identità si trasformano a una velocità inaspettata dagli stessi ricercatori. “Al punto che i soggetti stessi faticano ad accorgersi di questo processo -conclude Stefano Allievi-. Allo stesso modo nelle relazioni tra musulmani e società europee, i modelli stano cambiando a una velocità stupefacente”. Vari modelli in crisi, da quello inglese a quello francese, e ciascuno con difetti diversi. Un occasione per ribadire che non esistono soluzioni semplici e soluzioni uniche “ma occorrono azioni differenti, in cui la dimensione locale ha una rilevanza enorme”. (is)
Fonte: Redattore Sociale