Ad Africa e Asia il triste record mondiale di decessi materni

Una donna di un paese meno sviluppato è 300 volte più esposta al rischio di morire a causa di complicazioni dovute a gravidanza o parto di una donna che di un paese industrializzato. Rapporto Unicef sulla condizione dell’infanzia del mondo

ROMA – Sono l’Africa e l’Asia a vincere la maglia nera dei paesi dove si registra il maggior numero di decessi materni in tutto il mondo: la percentuale si attesta al 97%, con proporzioni particolarmente elevate nell’Africa sub sahariana (50% del totale) e nell’Asia meridionale (35%). A rivelarlo è il rapporto Unicef sulla condizione dell’infanzia del mondo 2009, presentato oggi a Roma dal presidente della organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia Vincenzo Spadafora. Il rapporto quest’anno è incentrato sulla salute materna e neonatale, con focus particolari su diversi stati africani (fra i quali Ciad, Ruanda, Liberia, Marocco, Mozambico, Togo, Uganda) e asiatici (come il Laos, l’India e l’Indonesia).

“Il divario nel rischio di mortalità materna tra il mondo industrializzato e molti paesi in via di sviluppo, specie quelli meno sviluppati – spiega il rapporto – è spesso definito il più ampio divario del mondo in ambito sanitario”. Infatti una donna di un paese meno sviluppato è 300 volte più esposta al rischio di morire nel corso della vita a causa di complicazioni dovute alla gravidanza o al parto di una donna che vive in un paese industrializzato. Se il numero dei decessi negli ultimi cinque anni è diminuito notevolmente in tutto il mondo (da circa 13 milioni nel 1990 a 9,2 milioni nel 2007) il bilancio della mortalità materna è rimasto sopra i 500 mila casi. Secondo le stime più recenti delle Nazioni Unite, nel 2005, 536.000 donne sono morte per cause associate alla gravidanza e al parto e fra queste la fascia nella di età fra i 15 e i 19 anni le complicazioni legate alla gravidanza e al parto sono la causa principale di morte per 70 mila fra loro ogni anno.

Ma quali sono le principali complicazioni legate alla gravidanza e al parto, che sono a causa principale di morte delle ragazze dai 15 ai 19 anni in tutto il mondo e sono responsabili di 70.000 decessi l’anno? Le patologie che portano alla morte sono dalle più banali a le più complesse: parto chiuso, anemia, complicazioni date da un aborto, emorragie, ipertensione, anemia, Hiv-Aids. Ma una grossa fetta delle cause dirette dei decessi materni (circa il 20%), secondo i dati riferiti al quinquennio 1997-2002, è da imputare ad “altre cause”. Che secondo il rapporto sono la mancanza di istruzione e di informazione, le pratiche sanitarie inadeguate, l’accesso limitato ad alimenti e micronutrienti essenziali, le strutture inadeguate di salute ambientale, i servizi inefficienti di assistenza sanitaria e l’accesso limitato ai servizi di assistenza alla maternità, come l’ostetrica o il supporto neonatale d’emergenza. Nella fetta “20%” ci sono però anche macro cause, come la povertà, l’esclusione sociale e la discriminazione di genere che aggravano le cause dirette e quelle indirette della mortalità sia materna che neonatale.

Per ogni donna che muore per una causa legata alla gravidanza inoltre, altre 20 subiscono lesioni o infezioni e rimangono invalide – circa 10 milioni di donne ogni anno.

Diverse le soluzioni che propone il rapporto: creare un’uguaglianza di genere che produca un miglioramento nelle condizioni di vita sia delle donne sia dei bambini e delle bambine; combattere la violenza contro le donne e i bambini per migliorare la loro salute, incoraggiando le donne a partecipare più pienamente ai processi decisionali in modo da creare un ambiente in grado di sostenere le madri e i neonati. Una adeguata nutrizione per le donne, compreso l’apporto alimentare e l’integrazione alimentare con micronutrienti, è fondamentale per l’Unicef per la riduzione dell’incidenza delle malattie infettive in modo da prevenire e curare l’Hiv. L’assistenza prenatale infine, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite darebbe l’opportunità di raggiungere le donne in gravidanza con diversi interventi quali la vaccinazione, l’integrazione alimentare con micronutrienti e migliori pratiche igieniche. (Marta Rovagna)

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