Gaza, Caschi bianchi: ”Ora la gente corre ad arruolarsi nelle file di Hamas”

Secondo gli operatori dell’associazione Papa Giovanni XXIII è ”il risultato della violenza spropositata dell’offensiva militare israeliana”. Capannini: ”Bisogna togliere motivi agli integralisti e a chi semina violenza”

RIMINI – “In queste ore a Gaza la gente corre ad arruolarsi nelle file di Hamas. Ce lo dicono le nostre fonti e i nostri amici palestinesi che vivono là. È il risultato della violenza spropositata dell’offensiva militare israeliana: su queste premesse sarà quasi impossibile costruire una pace futura”. È il monito di Alberto Capannini, dell”associazione Papa Giovanni XXIII, che ha operato a lungo a Gaza e nelle città israeliane di confine con il progetto “Caschi bianchi”, ed è in contatto costante con i suoi quattro volontari attualmente impegnati in Cisgiordania con l’Operazione Colomba, il corpo nonviolento di pace dell’associazione.

Secondo le testimonianze raccolte in questi giorni, dice Capannini, “tra i palestinesi della Striscia di Gaza c’è un diffuso senso di impotenza, frustrazione e incredulità di fronte alla violenza dell’attacco militare di terra israeliano. Si parla di 780 vittime finora, almeno un terzo civili, un centinaio i bambini, come quelli della scuola dell’Onu colpita ieri dal fuoco di un tank”. Ma oltre a cercare di sopravvivere e scappare, molti giovani palestinesi “corrono ad arruolarsi con gli integralisti di Hamas. È purtroppo questo il risultato che Israele ottiene – continua Capannini – quando pensa di costruire la pace sulle stragi, sull’umiliazione del nemico, sulla prova di forza. Una pace costruita su queste basi non ha futuro. La violenza dell’esercito israeliano in queste ore colpisce in modo cieco soprattutto i poveri e i civili inermi. E non fa che chiamare altra violenza”.

“Non abbiamo alcuna simpatia per Hamas – precisa l’esponente di Operazione Colomba – e per ogni forma di terrorismo e integralismo. Condanniamo i lanci di razzi palestinesi verso le città israeliane di confine come Sderot, dove pure abbiamo operato a fianco della popolazione civile e dei familiari delle vittime. Ma questa reazione israeliana non è commisurata all’attacco subito, e inasprisce l’odio. Bisogna invece togliere motivi agli integralisti e a chi semina violenza. Per questo è essenziale per prima cosa fermare l’offensiva di Israele: non basta l’annunciata apertura di un corridoio umanitario per poche ore al giorno”.

Quattro volontari di Operazione Colomba si trovano attualmente in Cisgiordania a Tuwani, un villaggio a sud di Hebron, dove svolgono opera di mediazione nonviolenta tra palestinesi e coloni israeliani. “In queste ore – dice Capannini – i nostri volontari stanno andando a Sderot, e di lì tenteranno di arrivare a Gaza per raggiungere le persone che conosciamo e portare aiuti e cibo ai civili palestinesi sotto l’offensiva. Ma sarà difficile riuscire a entrare nella Striscia”. (lb)

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