Convenzione Onu/Scheda. Tutti i diritti in 50 articoli

Il Consiglio dei ministri ha dato il suo via libera al disegno di legge di ratifica della Convenzione Onu sui diritti dei disabili. Ecco cosa prevede il documento entrato in vigore nel maggio scorso

ROMA – Cinquanta articoli per tutelare i diritti di 650 milioni di persone in tutto il mondo: e’ il primo grande trattato sui diritti umani entrato in vigore nel nuovo millennio e promette di rappresentare una pietra miliare nel percorso di accettazione, partecipazione e inserimento alla vita sociale e lavorativa dei disabili. Un processo al quale l’Italia oggi è più vicina, dopo che il Consiglio dei ministri ha dato il suo via libera al disegno di legge di ratifica del documento adottato dall’Assemblea generale dell’Onu nel dicembre di due anni fa.

La Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, frutto di quattro anni di trattative, sottoscritta finora da 136 paesi e ratificata fino ad oggi da 41, colma una lacuna del diritto internazionale e tratteggia nel dettaglio i diritti di cui godono le persone disabili, chiedendo quel cambiamento di atteggiamento da parte della societa’ indispensabile a garantire ad essi il raggiungimento della piena uguaglianza. Nel concreto, la Convenzione non introduce nuovi diritti, ma si prefigge lo scopo di promuovere, proteggere e assicurare alle persone con disabilita’ il pieno ed eguale godimento del diritto alla vita, alla salute, all’istruzione, al lavoro, ad una vita indipendente, alla mobilita’, alla liberta’ di espressione e in generale alla partecipazione alla vita politica e sociale.

La prima parte del documento e’ imperniata anzitutto sull’uguaglianza, declinata con riguardo alla lotta ai pregiudizi, in modo particolare rispetto alle donne e ai bambini: il testo riconosce che queste categorie sono spesso vittime di una doppia discriminazione e stabilisce che gli Stati si impegnano a “prendere misure per assicurare loro il pieno ed uguale godimento dei diritti umani”. L’elencazione dei diritti comprende quelli fondamentali, ad iniziare da quello alla vita, all’integrita’ fisica e al divieto di essere sottoposti a tortura e a sfruttamento: un riferimento quest’ultimo alle prassi, diffuse soprattutto nei paesi poveri, di usare persone con disabilita’, anche minori, per raccolte di elemosine, espianto di organi, sfruttamento sessuale o lavorativo, e simili pratiche criminali. Il testo della Convenzione enumera poi i cosiddetti “diritti di seconda e terza generazione”, ad iniziare da quella alla liberta’, declinata nei diversi ambiti: di locomozione (eliminazione delle barriere architettoniche e senso-percettive), di manifestazione del pensiero (rispetto delle persone con disabilita’ intellettiva) e di partecipazione alla vita politica (diritto di voto effettivo), come pure i diritti all’assistenza sanitaria e sociale, all’abilitazione ed alla riabilitazione, all’istruzione, al lavoro ed alla liberazione dalla poverta’ (endemica per tutti i disabili dei paesi poveri).

Il testo affronta poi anche i “diritti di quarta generazione”, fra i quali si possono ricordare il diritto alla privacy, il diritto alla vita indipendente ed all’inclusione sociale (che si traduce con un no a quelle strutture o istituti speciali che separano la persona dall’ambiente circostante, i cosiddetti “ghetti” denunciati da molte associazioni), e poi ancora il diritto ad una vita nel proprio nucleo familiare originario o ad una vita autonoma, fuori famiglia, assistiti dai servizi sociosanitari di territorio. Nell’ambito della salute, la Convenzione dispone che le persone disabili hanno diritto a godere del piu’ alto livello di salute potenzialmente raggiungibile, senza alcuna discriminazione basata sul loro grado di disabilita’ e che a tale scopo gli Stati mettono in campo misure appropriate per assicurare l’accesso dei disabili ai servizi sanitari dovendo garantire ad essi lo stesso livello e la stessa qualita’ dei servizi sanitari offerti alle altre persone, siano essi gratuiti o a pagamento, e compresi quelli inseriti nell’area della salute sessuale e riproduttiva. Una specificazione, quest’ultima, che ha incontrato le riserve dello Stato del Vaticano, che vi ha letto una legittimazione dell’aborto: considerazione che ha portato la Santa Sede a non sottoscrivere la Convenzione.

La seconda parte del documento affronta invece le modalita’ di entrata in vigore della Convenzione ed il monitoraggio del suo rispetto da parte degli Stati firmatari, a partire dall’istituzione del Comitato dei diritti che ha il compito di ricevere segnalazioni di inadempienze o violazioni della Convenzione e di redigere un rapporto periodico sullo stato di attuazione del testo nei singoli paesi.

Il Protocollo aggiuntivo, firmato finora da 79 paesi (c’e’ anche l’Italia) e ratificato da 25, prevede che a presentare segnalazioni e denunce al Comitato possano essere anche persone singole o gruppi non nominati dagli Stati firmatari. Una forma di controllo “dal basso”, da parte della societa’ civile, assai apprezzata dalle associazioni dei disabili, che sottolineano la possibilita’ di sottrarre i ricorsi agli eventuali calcoli di tipo politico: proprio per questa sua valenza, questa opportunita’ e’ stata separata dal testo della Convenzione, andando a trovare spazio nei diciotto articoli del Protocollo aggiuntivo non obbligatorio: il Comitato Onu dunque non potra’ prendere in considerazione eventuali segnalazioni provenienti da persone e gruppi di quegli stati che non l’abbiano espressamente accettato. (ska)

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