«Dritan, il ragazzo che non ha scelto»

Le riflessioni di lettore Molfettalive.it all’indomani dei funerali delle vittime molfettesi della strage sulla Statale 16.

Lontana dai riflettori, dalla folla, dagli applausi e dal calore della città, una bara mercoledì ha preso la via del porto di Bari anziché quella della Parrocchia della Madonna della Pace.

Dritan Hoxha ha compiuto un viaggio che non avrebbe mai potuto immaginare, estremo tragitto di chi giunge dal “Paese delle aquile” in Italia carico di speranze e ne parte vittima di un tragico fatto di cronaca. Dritan, “l’albanese”, come con poco tatto qualcuno l’ha definito, vittima annegata nel mare di lacrime di una città sconvolta dalla perdita di quattro figli; Dritan, passeggero di un’auto che si è trovata nel posto sbagliato nel momento sbagliato, nel giorno sbagliato.

Dritan vittima quasi già dimenticata. Non da tutti, però.
Un lettore ha inviato in redazione alcune riflessioni sui tragici fatti della 3.30 di domenica scorsa. Il segno che Dritan ha lasciato il segno.

«Lontana dalle mie intenzioni è la volontà di offendere o ferire o, ancor peggio, ignorare le famiglie dei quattro ragazzi morti nella strage di qualche giorno fa.

E’ un sentimento che non tocca solo me, ma che mi spinge a sottolineare quanta noncuranza ci sia nella nostra società, quanta superficialità ci sia nel raccontare l’accaduto.

Dritan era un ragazzo albanese di 22 anni, che io non conoscevo assolutamente, che era qui perché l’Albania non è ancora pronta ad offrire una vita dignitosa a tutti i giovani della sua terra, che sono cresciuti negli anni ’90 con le bombe e le notizie della guerra, dormendo stesi per terra per evitare che dalle finestre potessero entrare colpi mortali.
Dritan era un ragazzo che tranquillamente viaggiava nell’auto di un suo amico e all’improvviso si è visto piombare un “bolide” a velocità assurda che gli ha tolto la vita.

Molti notiziari e articoli hanno tralasciato quanto ingiusta sia la sua morte, per accentuare il sentimento di chi ora piange per la morte di coloro i quali hanno deciso che la vita di Dritan dovesse finire quel giorno là, perché è emozionante andare veloce, perché ci si può distrarre, perché…è umano e può capitare!
Ma se fosse successo il contrario? Se a provocare l’incidente mortale fosse stato l’albanese, come molti giornalisti si sono ostinati a chiamarlo, come se fosse quello il suo nome?

Avremmo assistito ad un linciaggio mediatico, avremmo ascoltato più e più volte che “un albanese aveva ucciso quattro italiani”, che “la vita di quattro giovani italiani era stata spezzata dal solito albanese che poteva restarsene a casa sua”.

Non voglio esagerare, ma credo che talvolta meritino attenzione anche gli altri, perché qui ognuno è straniero!
Un messaggio a tutti i ragazzi può essere quello di supplicare chi guida di andare piano, perché i 15 minuti che s’impiegano per arrivare da Bisceglie a Molfetta a volte possono valere una vita e, se non è importante che valga la propria di vita, pensate che a pagare il prezzo possa essere qualcuno che non c’entra niente.
Suggerite a chi guida, senza essere nello stato perfetto per farlo, di lasciare che lo faccia qualcun altro, di aiutarlo a capire che se il brivido della velocità è la sua gioia di vivere, non deve essere fatale per chi vuol vivere serenamente e, soprattutto, vuole vivere.

Alle mille parole di cordoglio rivolte ai familiari di Annalisa, Elisabetta, Sergio e Lazzaro io ne aggiungo delle ulteriori, perché non ci si può dar pace se a perdere la vita siano dei giovani con dei sani principi come loro quattro, ma un piccolo pensiero vorrei lanciarlo a favore di colui che non ha potuto far niente, che non ha scelto e che, come tutti gli altri cittadini albanesi nel nostro territorio, merita di sentirsi uno di noi, un fratello nato nella Puglia che si trova al di là dell’Adriatico.

LAMTUMIRE DRITAN».

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