Senti come piove…

La mia tastiera è da buttare, ci ho appena rovesciato il chinotto sopra. Non è colpa mia ma dell’acquazzone che si è scatenato a Roma poco fa: ho urtato la bottiglia per correre a chiudere la finestra, con un trancio di pizza in mano. Si, sono a Roma, non ci crederete, ma sto studiando. Almeno, ci provo.

E’ stato un periodo particolare, ma piano piano le cose stanno tornando come prima. Mettere ordine non è facile, soprattutto quando contemporaneamente devi mettere a posto cose tue e cose di altri, ma per le quali loro, gli altri, fanno tanto affidamento su di te.
Per questo motivo non rimpiango nulla di tutto quello che è stato, di come è andato, e di cosa ne è derivato.
La Vita mi ha fatto trovare per la mia strada un paio di “esami” a sorpresa. Degli appelli straordinari, potrei dire, accademicamente parlando ovviamente. Credo di essermi fatto trovare pronto, almeno in questi, e di aver dato il meglio di me. Nel frattempo ho fatto tante altre cose, delle quali per ora preferisco non parlare, ma che spero vedrete presto.
Ora c’è l’università, ci sono questi benedetti ultimi esami da sostenere. Anche per questo sono “scomparso”. Non mi era mai capitato di non scrivere nulla per più di un mese. Mai, neanche nei periodi più incasinati. Sono stato comunque un po’ in giro per le scuole, questo sì. E’ evidente che non riesco a stare zitto.
Ecco, appunto, stare zitto. Non ci riesco, non posso, non voglio. Ultimamente mi sono limitato a scaricare la posta, sentendomi tremendamente in colpa con me stesso con ragionamenti del tipo “non puoi mollare di punto in bianco le cose!…… Ne inizi 100 e non ne finisci una…. Ci sono delle persone che, tu ci creda o no, hanno in te un punto di riferimento, non puoi abbandonarle per un mese… ecc…”.
Il chinotto sulla tastiera è stato un segnale, un invito a tornare a scrivere da queste parti ed altrove. Per fortuna che il chinotto è caduto sulla Trust già scassata da 20 euro e non su quella del portatile…!
Ad ogni modo, questi tasti volevano essere battuti, parafrasando il mio grande conterraneo Corrado Alvaro (<<il calabrese vuole essere parlato>>).
Mi rendo conto che per una volta non ho parlato di cose di altri, ma mie. Vi chiedo scusa, ma una spiegazione sentivo di dovervela.
L’acquazzone si è alleviato, almeno, di tuoni non se ne sentono più. Capisco che avrà smesso anche di piovere perché da qualche minuto sento di nuovo “Lasciatimi cantaaaare, cn la ghitarra in mano, lasciatimi cantare, sono un italiano vero….”: E’ Hamid, si guadagna da vivere accompagnandosi con la fisarmonica la sera tra i tavoli (all’aperto) dei ristoranti della zona. Forse sarà espulso, lui sì. I furbetti del quartierino, i palazzinari, i camorristi, potranno continuare a dormire sonni tranquilli.

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