Obama, l’Africa aspetta

“Fino a che punto riuscirà a comandare?”

Un vittoria importante anche perchè simbolica, ma quanto il nuovo presidente degli Stati Uniti riuscirà ad imporre una politica nuova e non legata al “sistema”? Le riflessioni di padre Alex Zanotelli.

«La vittoria di Obama è un passo estremamente significativo in questo momento. Innanzitutto, perché con le tensioni etniche e razziali diffuse un po’ ovunque nel mondo, è un bel segnale che un nero sia stato eletto presidente della più grande potenza mondiale. È un segnale globale che aiuterà forse a togliere quella rabbia che c’è nel mondo nero, soprattutto americano ma anche africano, per il fatto di essere stato sempre tenuto ai margini e schiacciato. È insomma una vittoria con forti valenze simboliche che investe l’immaginario collettivo».
«Va poi tenuto presente che Obama non potrà certo decidere quello che vuole fare. Da almeno venticinque anni gli Stati Uniti sono in mano non ai presidenti eletti dal popolo, ma a quello che il generale e presidente americano (dal 1953 al 1961) Dwight D. Eisenhower, nel suo ultimo discorso alla nazione, aveva definito “complesso militar-industriale”. Diceva Eisenhower che i pericoli per la democrazia americana possono venire non dall’esterno ma proprio da questo “complesso militar-industriale”. Non poteva essere più profetico: dalla presidenza Reagan in avanti a decidere le politiche è stato quel “complesso”».
«E anche Obama sarà prigioniero di questa struttura di interessi militari e industriali. Ci si può chiedere se Obama riuscirà a rompere questo meccanismo. Non sarà facile. Non dimentichiamo che negli Usa chi sfida un sistema viene messo letteralmente nel mirino. Ricordiamo solo John Kennedy.
Chiaro poi che Obama non è Bush, darà vita ad una politica diversa. Ma fino a che punto riuscirà a comandare? Questa rimane per me la grande domanda».
«Per ciò che riguarda il rapporto Obama-Africa, credo che il nuovo presidente avrà una grande attenzione per il “suo” continente. La domanda è: che cosa potrà fare Obama in un contesto in cui l’Africa per gli Usa è sempre di più un serbatoio di risorse? Che cosa potrà fare per le decine di milioni di africani che vivono con meno di un dollaro al giorno?».
«So che Obama ha lavorato a Chicago come community organizer, cioè si è dedicato all’organizzazione delle comunità-ghetto e conosce abbastanza bene che cosa significa essere afro o ispanico oggi negli Stati Uniti. Certamente questa esperienza che ha avuto da giovane a Chicago dovrebbe consentirgli di intuire quali sono i problemi della povertà e dell’emarginazione».
«Vediamo se Obama saprà trovare una sua strada o entrerà a far parte di quello che a Napoli chiamano “o sistema”».

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