Ripartire dai poveri

Dal rapporto Caritas sulla povertà

Testo di Vittorio Nozza, presidente Caritas Italiana.

Il rapporto 2008

C’è una distanza che separa chi sta bene da chi sta male.

Ma a differenza di quanto successe nel dopoguerra, c’è anche una scarsa possibilità di veder migliorare, nel corso della vita, il proprio status. Lotta alla povertà, promozione del mezzogiorno, garanzia dei livelli essenziali dei servizi e delle prestazioni sociali in tutta Italia, tutela della non autosufficienza, integrazione degli immigrati, accesso all’abitazione, sono le priorità che devono impegnare parlamento e governo per ridurre la vulnerabilità nel paese. 

Non può esserci vero sviluppo senza inclusione e coesione sociale, dunque senza politiche sociali reali ed efficaci. Il welfare dovrebbe essere considerato come fattore di sviluppo, non più come costo. Al riguardo occorrono risposte multidimensionali, complesse e integrate, di tipo economico, sociale, sanitario, previdenziale, fiscale e del lavoro.ù

Qualche esempio.

Nel campo della lotta alla povertà è indifferibile l’adozione di una misura universale di sostegno al reddito. Nel mezzogiorno occorre investire subito in servizi pubblici essenziali. Il fondo nazionale per le politiche sociali va potenziato in modo che regioni ed enti locali siano stimolati ad attivare o a rendere sempre più accessibili i servizi nei territori. Va inoltre approntato un rigoroso piano di definizione e attivazione progressiva dei livelli essenziali delle prestazioni in tutto il territorio nazionale, a partire dal diritto a un reddito minimo, dal segretariato sociale, dal diritto a un’accoglienza di prima necessità in caso di perdita della dimora. Anche la tutela della non autosufficienza di anziani e portatori di handicap, emergenza per molte famiglie italiane, va assunta come priorità. Davanti alla crisi degli alloggi, non può essere abbandonata la logica dell’intervento pubblico, in termine di sostegno agli affitti, di garanzia ai proprietari che accettino di locare i loro immobili a canone concordato, di mantenimento, riqualificazione e potenziamento del patrimonio di edilizia pubblica a favore delle famiglie meno abbienti.

Nel costruire l’VIII Rapporto “Ripartire dai poveri”, siamo partiti dalla domanda che apriva il precedente “Rassegnarsi alla povertà?”. Non era certamente una domanda retorica, perché esprimeva la consapevolezza di un momento difficile nella mostra società, costretta a prendere coscienza che passano gli anni, ma la condizione di esclusione sociale, di povertà di molte persone e famiglie, persiste e si aggrava. Non si tratta di un fenomeno momentaneo e congiunturale. È purtroppo condizione strutturale, radicata nella incapacità di dare risposta al problema.

Gli indici di povertà che si susseguono negli anni descrivono questa sostanziale incapacità di ridurre il problema, di affrontarlo con mezzi adeguati. Anche quando il fenomeno non cresce numericamente, si radicalizza in termini di povertà di lungo periodo, estendendosi tra le situazioni di maggiore fragilità.

Le proposte che abbiamo formulato nascono dalla consapevolezza che “a problemi strutturali non possono essere date risposte sovrastrutturali”, cioè evitando di andare alle radici. Non bastano azioni settoriali e interventi palliativi. Di solito si opera in questo modo quando non c’è speranza di risolvere il problema e si cerca, per quanto possibile, di alleviarne le conseguenze, di ridurre il disagio. Ci siamo interrogati sulle possibili vie di uscita da questa situazione. Non è solo stallo, ma incapacità di reagire adeguatamente, sul piano culturale e politico, oltre che tecnico.

Si tratta di prendere in mano il problema complessivamente, evitando di farne una questione marginale e settoriale. Dare alla questione povertà una rilevanza strutturale significa guardare oltre il breve periodo, operare facendo leva su soluzioni di sistema, assumere fino in fondo le dimensioni che lo caratterizzano.

Le due proposte di azione si collocano in questa prospettiva. La prima nasce dalla costatazione che le risorse non sono finite. Le relativamente poche risorse (rispetto ad altri paesi) che dedichiamo alla spesa per assistenza sociale possono dare un contributo significativo, se orientate e qualificate. La seconda proposta nasce dalla transizione, in qualche modo storica, che vede il nostro Paese da anni interrogarsi sul proprio assetto istituzionale e costruire nel tempo condizioni federaliste per una più sostanziale condivisione di solidarietà, da parte delle istituzioni, a tutti i livelli, centrale e locale.

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