La morte di Franco può dire qualcosa al Piano di rientro della sanità calabrese?

La notte del 26 gennaio è morto Franco, una persona con disabilità, molto debole a causa della distrofia muscolare. In questi mesi, le tensioni con gli addetti del comparto socio sanitario regionale l’hanno sovrastato e debilitato ben oltre l’evoluzione della sua malattia.

È stato, col fratello Mimmo e altre persone in carrozzina a rotelle, tra i pochi che in Calabria mettono in atto vere lotte di opposizione ai ricoveri nelle strutture assistenziali che imprigionano e catalogano nella fila degli ultimi, dei diversi e dimenticati. Franco partecipava al gruppo che elabora proposte positive per sé e per gli altri, servizi di sostegno all’ordinario vivere nella società. Rifiutava di venire escluso, si sentiva normale e di valore. Si sentiva persona, come tutti.

Tra le proposte concrete, compartecipava alla sperimentazione del progetto “Abitare in autonomia” con la Regione Calabria, ma la Regione, col termine dell’ultimo anno – pur sapendo che costa meno qualche ora di assistenza a casa che un ricovero residenziale – sta accampando problemi economici, mettendo in campo schermaglie, alibi, il nascondersi dietro un dito con rimpalli di competenza tra gli Uffici alla sanità e gli Uffici per i servizi sociali. La minaccia di sospensione dell’assistenza, sofferta come violenza ai diritti basilari e ai suoi bisogni vitali, ha mandato Franco in depressione. L’insicurezza di poter essere assistito a casa sua, a Tiriolo insieme al fratello Mimmo, e lo spettro del ricovero chissà dove, ha contribuito ad aggravargli il quadro psicosomatico rendendolo più fragile e vulnerabile. Non ce l’ha fatta.

Altre persone con disabilità subiscono lo stesso ricatto, sprovviste di tutele sindacali perché assistite da pochi operatori, sono indebolite da mesi di ansia, stordimento, paura dell’irrazionale esito di una vicenda per la quale la politica socio sanitaria calabrese le costringe alla morte civile ricoverandole in istituti, Rsa, case protette e quant’altro, piuttosto che garantire loro la vita normale presso abitazioni nel loro territorio.

Tutti ci chiediamo: che sanità è quella che porta alla depressione e non cura? E che sociale è quello che abbandona chi non può nemmeno lavarsi cucinare vestirsi muoversi autonomamente? Lo chiediamo alla Regione Calabria! In particolare a quei politici, dirigenti e burocrati che non si sono nemmeno accorti che Franco è morto prima della sua ora.

Al contrario, la Calabria ha bisogno di amministratori che nello svolgimento del loro dovere si accorgono delle persone malate e deboli che lottano contro la morte civile, che esigono di rimanere nel pieno della vita sociale. Non abbiamo bisogno di una scriteriata politica che attua piani di rientro ragionieristici, ma di una politica che si prende cura di far rientrare la perduta dignità umana delle persone ammalate.

Don Giacomo Panizza

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.