“Voglio sfogare con qualcuno la tristezza che mi devasta l’anima in questi giorni, alla vista di tanti stranieri che hanno invaso l’Italia, e verso i quali la nostra civiltà, che a parole si proclama multirazziale, multiculturale, multietnica, e multireligiosa, non riesce ancora a dare accoglienze che abbiano sapore di umanità.
So bene che il problema dell’immigrazione richiede molta avvedutezza e merita risposte meno ingenue di quelle fornite da un romantico altruismo. Capisco anche le “buone ragioni” dei miei concittadini che temono chi sa quali destabilizzazioni negli assetti consolidati del loro sistema di vita. Ma mi lascia sovrappensiero il fatto che si stentino a capire le “buone ragioni” dei poveri allo sbando, e che, in quest’esodo biblico, non si riesca ancora a scorgere l’inquietante malessere di un mondo oppresso dall’ingiustizia e dalla miseria. […]
(È necessario) vincere gli istinti xenofobi che ci dormono dentro. Che si ammantano di ragioni patriottiche. Che scatenano, all’interno delle nostre raffinatissime città, inqualificabili atteggiamenti di rifiuto, di discriminazione, di violenza, di razzismo. E che implorano dalle istituzioni, con martellante coralità, rigorosi provvedimenti di forza. Siamo vittime di una insopportabile prudenza, e scorgiamo sempre angoscianti minacce dietro l’angolo. Perché lo straniero mette in crisi sostanzialmente due cose: la nostra sicurezza e la nostra identità” (A. Bello, Ad Abramo e alla sua discendenza, Ed. La Meridiana, Molfetta, 1992, pag. 157 ).
Inquietanti fatti di cronaca stanno facendo riemergere in questi giorni l’immagine di un’Italia xenofoba. Si moltiplicano episodi di ostilità generalizzata nei confronti degli immigrati e di “caccia allo straniero”, soprattutto se Rom, nei campi nomadi. Mentre ci tornano in mente la parole coraggiose e profetiche con cui, poco più di quindici anni fa, in situazioni analoghe, don Tonino Bello dava sfogo alla sua provocatoria tristezza, anche noi, sulla scorta della sua testimonianza, ancora così viva e attuale, vogliamo esprimere la preoccupazione e il disagio morale per il clima di condiscendenza popolare e perfino a volte di legittimazione istituzionale in cui tutto questo sta avvenendo.
Ci viene da pensare che con la scusa di voler punire, come si deve, solo chi delinque e di voler stanare i clandestini e gli irregolari per una giusta e doverosa ricerca dell’ordine e della legalità, si finisca poi col tollerare o avallare altre e a volte più gravi illegalità. Il rispetto della dignità e dei diritti inviolabili di ogni essere umano, il dovere di prestare soccorso a chi è nel bisogno e nel pericolo (pensiamo in particolare ai bambini e agli ammalati), la necessità di creare spazi di accoglienza e servizi di solidarietà devono costituire la base e il fondamento di ogni programma politico, di ogni intervento legislativo, di ogni azione di risanamento sociale, di ogni opera educativa e culturale a tutti i livelli di responsabilità. Osiamo aggiungere infine che, se ciò vale per garantire gli standard minimi di “accoglienze che abbiano sapore di umanità”, a maggior ragione dovrà valere per una civiltà come quella italiana che ama vantarsi delle sue radici profondamente cristiane.
Don Tonino ci ripeteva spesso che se “delle nostre parole dobbiamo rendere conto davanti alla storia, dei nostri silenzi dovremo rendere conto davanti a Dio”. Per questo pensiamo di non dover tacere e facciamo appello alla coscienza personale e collettiva perché si sappiano cogliere tempestivamente i segnali allarmanti di una regressione civile già in agguato. Auspichiamo che, anche nel dare risposte alla legittima richiesta di sicurezza dei cittadini, possa prevalere non tanto la logica delle soluzioni semplicistiche di sicuro successo mediatico ma quella più ardua, più lungimirante e certamente più efficace che sa unire sempre rispetto delle persone, legalità e solidarietà.
Giancarlo Piccinni ( v. Presidente Fondazione don Tonino Bello )
don Salvatore Leopizzi ( Responsabile Pax Christi Salento)