Il numero zero indaga sull’amianto quotidiano – Le inchieste di Terre

Non solo morti legate al lavoro: tra le vittime della fibra killer, una persona su cinque non ha mai avuto contatto diretto con l’asbesto

Terre di Mezzo – street magazine, il primo giornale fondato dal basso con il solo sostegno dei suoi lettori, dedica la sua prima inchiesta, pubblicata sul numero zero, all’amianto “quotidiano”. Come quello che si trova sulle facciate delle case popolari di via Russoli a Milano, ad esempio, o sui tetti dei capannoni della Fonte Appia di Ciampino (Roma), cui pochi sembrano prestare attenzione. Ve ne offriamo un assaggio.

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L
‘amianto uccide ancora: secondo le stime elaborate dal Renam (Registro nazionale mesoteliomi), tra il 1992 e il 2004 almeno 1.241 persone sono state stroncate dal mesotelioma maligno, il tumore provocato dall’asbesto, senza essere mai entrati direttamente in contatto con la fibra killer. Si tratta del 21,3% degli 8.723 casi censiti dal Renam e che verranno resi noti con il rapporto di febbraio, anticipati nell’inchiesta di “Terre di Mezzo”. E, se il picco delle morti asbesto-correlate in Italia si avrà tra il 2015 e il 2020, già ora si registrano 1.200 nuovi casi di mesotelioma ogni anno.

Sono quindi a rischio anche gli abitanti di via Russoli a Milano (nella foto, un inquilino con in mano frammenti di muro contenenti amianto), del Prenestino a Roma e chissà di quante altre case o palazzi italiani? Secondo uno studio condotto nel 1991 dalla Clinica del lavoro di Milano, già dopo due anni di vita le lastre in eternit cominciano a deteriorarsi e a sprigionare le fibre nell’aria.

Umberto Torromacco, fotografo milanese di 56 anni, non ha più dubbi: a causargli un adenocarcinoma polmonare sono stati i tetti dell’ex Ansaldo. Il suo studio, in via Stendhal 30 a Milano, è proprio a ridosso dei 7mila metri quadrati di capannoni in disuso dell’ex fabbrica. Dal 1991 Torromacco respira aria contaminata, come dimostrato dalla perizia medico legale che ha commissionato a Giuseppe Basile e ad Alberto Passeri, entrambi medici: le fibre di amianto rilasciate da quelle tettoie sono state una “causa preponderante” dell’insorgenza del tumore. “Lo scorso gennaio ho chiesto a una società specializzata uno studio ambientale -racconta- e questa ha concluso che l’eternit andava rimosso al più presto perché era così deteriorato da costituire un pericolo per gli abitanti del quartiere”. Sei mesi fa, il Comune di Milano, proprietario dell’area ex Ansaldo, ha bonificato la zona. Torromacco ha intenzione di denunciarlo ugualmente.

“Certo, più una persona vive a contatto con l’amianto e più aumentano le probabilità che si ammali -spiega Alessandro Marinaccio, responsabile del Renam-. Il mesotelioma, tra l’altro, può essere provocato anche da un’esposizione

saltuaria”. E l’amianto è oggi presente in oggetti di recente produzione, che arrivano in Italia da Paesi che ancora usano o esportano asbesto, come Cina, Canada, Russia e India (vedi “L’amianto punta a Sud”, inchiesta pubblicata su Altreconomia, n. 98). In due anni, tra il 2007 e il 2008, le Asl e le associazioni dei consumatori hanno fatto ritirare dal commercio sei modelli di thermos fabbricati in Cina e distribuiti con diversi marchi: Arte & Fuoco, Vacuum Flask, Home Type, Wonderful life, Happy Casa e Tescoma. Non presentavano alcun pericolo immediato per la salute: il rischio nasceva solo in caso di rottura. Nelle pareti interne del thermos era contenuta una pastiglia di amianto. Una volta individuatane la presenza, il problema è liberarsene. La legge del 1992 stabiliva la rimozione di tutto l’asbesto presente in Italia. A tutt’oggi, però, nessuno è in grado di dire quanto
amianto ci sia in case, industrie, edifici pubblici.

Le Regioni dovrebbero svolgere un censimento delle strutture, private e pubbliche, che lo contengono.
Diciassette Regioni lo stanno facendo: mancano all’appello Calabria, Sicilia e la Provincia autonoma di Trento. Al ministero dell’Ambiente
risultano per ora quasi 23mila siti. Ma è un dato incompleto. Basti pensare che solo in Lombardia ne hanno censiti 21.500, in gran parte privati (18.236). Secondo una stima del Centro nazionale ricerche (Cnr) svolta nel 2005, in Italia esistono
ancora 2 miliardi e 500mila metri quadrati di coperture realizzate con eternit, pari a circa 32 milioni di tonnellate
. Il costo “puro” dello smaltimento in discarica (escluse quindi le operazioni di smontaggio e trasporto) va dai 200 ai 400 euro a tonnellata. Per bonificare l’eternit ancora presente ci vorrebbero, quindi, almeno 6 miliardi e 400 milioni di euro, poco meno della metà della manovra finanziaria approvata per il 2009 (13,1 miliardi di euro). In Senato giace un disegno di legge che prevede l’istituzione di un fondo per la bonifica degli edifici pubblici pari a circa 30 milioni di euro. Senza contare che le discariche sono appena una decina, con una capienza inadeguata alle necessità.

Prendiamo il caso della Lombardia: la Regione stima che ci siano 2 milioni e 800mila metri cubi di eternit, ma la discarica è una sola, la Soeco di Cavriana (Mantova), che nel 2008 ha raccolto i suoi ultimi 45mila metri cubi di eternit. I rifiuti in amianto prendono allora la strada per l’Austria e la Germania, con costi più elevati. È in corso l’iter amministrativo per aprire tre discariche private, tutte in provincia di Brescia: la Profacta di Buffalora (80mila metri cubi), la Ecoeternit di Montichiari (480mila metri cubi) e la Cerca di Travagliato (435mila metri cubi). Ammesso che vengano attivate, potranno ospitare il 35 per cento dell’eternit presente in tutta la Lombardia. Intanto la gente è costretta ad arrangiarsi.

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L’inchiesta di Terre contiene anche: un’intervista a Francesco Paolo Sorgente, 64enne ufficiale della Marina in pensione, che nel 2005 ha scoperto di avere un mesotelioma, il punto sull’inchiesta della Procura della Repubblica di di Padova ha portato alla luce altri 553 episodi di marinai colpiti da malattie collegate all’asbesto, decidendo il rinvio a giudizio di 16 ufficiali per omicidio colposo plurimo; un intervento dell’esperto Enrico Bullian, autore del libro “Il male che non scompare” e membro della Commissione regionale amianto del Friuli Venezia Giulia; un contributo dell’economista Loretta Napoleoni sulle conseguenze delle fibre di amianto sprigionate dal crollo delle Torri Gemelle di New York.

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